Lo scompenso cardiaco è una patologia diffusa e rappresenta un importate problema sanitario nel mondo occidentale, destinato ad aumentare per l’invecchiamento della popolazione. La ritenzione idrosalina che, dal punto di vista clinico, si esprime sotto forma di congestione del circolo polmonare e sistemico, rappresenta tuttora un problema clinico centrale nello SC, soprattutto in fase di acuzie, ed è la causa più frequente di ospedalizzazione in tali pazienti.
La Ultrafiltrazioneperitoneale è indicata in quei pz che non rispondono efficacemente alla terapia diuretica.
Donna di 82 aa, affetta da diabete mellito tipo II, in terapia insulinica da 20 aa, con cardiopatia ischemica cronica, classe NYHA III, fibrillazione atriale cronica in trattamento con dicumarolici e amiodarone, BPCO, ripetuti episodi di scompenso cardiaco anasarcatico, malattia renale cronica stadio 3°.
La pz ha avuto 5 ricoveri per scompenso negli ultimi 12 mesi.
Si posiziona catetere peritoneale, tipo Tenckhoff, e inizia uno scambio diurno con 2000 cc di icodestrina; peso corporeo all’inizio della UFP70 kg, diuresi 1000 ml cc/die, UF media 500 cc/die, PA 130/70, furosemide 1 g/die.
Il trattamento è stato ben tollerato, con progressivo calo ponderale da70 a 63 kg, con UF media di 500 cc/die, nessun ricovero per scompenso nel periodo di osservazione.
A 12 mesi di distanza, la pz è deceduta per le complicanze di una ferita all’avampiede dx (Gangrena umida).
Nella nostra esperienza, UFP si è confermata una valida metodica di rimozione dei fluidi in eccesso, migliorando il compenso emodinamico del pz e annullando i giorni di ricovero per SCC.
La nostra pz è deceduta, ma sicuramente in questi 12 mesi la sua qualità di vita è notevolmente migliorata.