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Miscellanea

UNA INSOLITA PRESENTAZIONE DI UNA RARA NEFROPATIA: LA NEFRITE INTERSTIZIALE CARIOMEGALICA

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INTRODUZIONE

Inizialmente descritta da Burry nel 1974 (Burry AF - 1974) [1] e in seguito da Mihatsch nel 1979 (Mihatsch MJ - 1979) [2], la nefrite interstiziale cariomegalica è una patologia renale rara (stimata ricorrere in meno dell’1% delle indagini nefrobioptiche (Bhandari S - 2002) [3] (full text), attualmente meno di 30 casi descritti in letteratura) ed avente tutt’ora etiologia ignota, sebbene sia stata di recente avanzata l’ipotesi patogenetica di una mutazione nel sistema di riparazione del DNA che conferirebbe suscettibilità al danno provocato dall’esposizione a tossici ambientali (Zhou W - 2012) [4], come i metalli pesanti e l’ocratossina A (Hassen W - 2004) [5]. Clinicamente si presenta con insufficienza renale progressiva associata a microematuria e/o proteinuria; può associarsi il riscontro di elevati valori delle transaminasi epatiche e una storia di infezioni ricorrenti delle alte vie respiratorie. Istologicamente, si caratterizza per la presenza di fibrosi interstiziale associata alla presenza di nuclei ipercromatici e voluminosi degli epiteliociti tubulari renali. 

CASO CLINICO

Riportiamo il caso di un paziente maschio di 33 anni, giunto alla nostra attenzione per il casuale riscontro di elevati valori di creatininemia. In anamnesi non vi era familiarità per nefropatie, né storia di infezioni delle vie respiratorie, di scarso controllo della pressione arteriosa, o di assunzione di farmaci nefrotossici ed esposizione a tossici ambientali di tipo agricolo e/o industriale. Nella norma l’esame obiettivo. Gli esami ematochimici confermavano la presenza di una funzione renale alterata, accompagnata da lieve incremento degli indici di funzionalità epatica (Figura 1). L’esame urine a fresco e delle 24 ore documentava l’assenza di microematuria e/o proteinuria significativa (<150 mg/24h). Le indagini microbiologiche indicavano negatività dell’esame colturale urinario e della ricerca di anticorpi contro i principali virus aventi tropismo epatico e renale. Negativa la sierologia per ANA, ANCA, anti-dsDNA, nella norma la complementemia. L’ecografia renale mostrava reni aventi dimensioni ai limiti inferiori di norma, entrambi caratterizzati da assottigliamento e disomogenea iperecogenicità della corticale, senza evidenti immagini da riferire a formazioni litiasiche né segni di stasi urinaria. La scintigrafia renale sequenziale a flussi separati documentava funzione renale complessiva lievemente ridotta, con buona perfusione, conservata fase di attività parenchimale e regolare eliminazione del radiotracciante. Si procedeva pertanto ad esame nefrobioptico percutaneo. 

METODI

Per l’analisi con microscopia ottica sono state realizzate sezioni aventi 3 μm di spessore sottoposte a colorazione PAS (acido periodico – reattivo di Schiff), ematossilina-eosina, argentica. Per l’immunofluorescenza sono stati impiegati antisieri verso IgA, IgG, IgM, C1q, C3, C4, catene κ e λ. L’analisi di microscopia elettronica è stata eseguita previa colorazione con acetato di uranile e citrato di piombo. 

RISULTATI

L’immunofluorescenza evidenziava solo una debole positività per IgM a livello glomerulare. All’analisi con microscopia ottica, nelle sezioni colorate con ematossilina-eosina erano presenti fino a 26 glomeruli, dei quali il 60% era completamente sclerotico, non evidenza di semilune. L’epitelio dei tubuli prossimali e distali mostrava frequentemente nuclei voluminosi e ipercromatici (Figura 2). L’interstizio era caratterizzato da diffusa fibrosi di grado moderato. L’analisi con microscopia elettronica evidenziava irregolare distribuzione della cromatina dei nuclei, ingranditi, dell’epitelio tubulare, senza evidenza di particelle virali (Figura 3). Il quadro istologico deponeva pertanto per una nefropatia interstiziale cariomegalica. In considerazione di ciò, veniva avviata terapia anti-fibrotica con ace-inibitore ed antialdosteronico a basse dosi.

CONCLUSIONI

Il caso da noi riportato evidenzia come la nefropatia cariomegalica si possa presentare in assenza di una storia clinica fortemente suggestiva della patologia, il che suggerisce che la prevalenza nota di tale nefropatia possa essere sottostimata. L’esecuzione della biopsia renale, nonostante non vi fosse la presenza di microematuria o proteinuria significativa, ha infatti utili implicazioni non solo diagnostiche, ma anche prognostiche (entità della fibrosi renale; non ricorrenza dopo il trapianto (Bhandari S - 2002) [3] (full text)) e terapeutiche (evitate inutili terapie antireattive-immunosppressive; possibile utilità di terapia anti-fibrotica con antialdosteronico o altri farmaci antifibrotici). 

release  1
pubblicata il  25 settembre 2012 
da Gaetano Lucisano¹, Nicola Comi¹, Paola Cianfrone¹, Valentina Piraina¹, Roberta Talarico¹, Kostas Giannakakis², Giorgio Fuiano¹
(¹U.O. Nefrologia-Dialisi, Università degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro; ²Dipartimento Medicina Sperimentale e Patologia, Università "La Sapienza" di Roma)
Parole chiave: biopsia renale, insufficienza renale cronica
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