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Dialisi peritoneale

LA DIALISI PERITONEALE NEL PAZIENTE ANZIANO

poster

Introduzione

Negli ultimi decenni, in seguito al miglioramento delle condizioni socio-economiche, si è assistito ad un progressivo aumento della longevità della popolazione con un parallelo incremento dei pazienti anziani affetti da insufficienza renale cronica terminale (ESRD) richiedenti un trattamento sostitutivo: dialisi peritoneale (DP) o emodialisi (HD). Convenzionalmente si definisce anziano l’individuo con età ≥ 65 anni. Possiamo, poi, ulteriormente suddividere l’anziano in due sottocategorie: young old (età compresa tra 65 e 74 anni) e old old (età ≥ 75 anni).

I dati epidemiologici americani, relativi al 2003, mostravano che la popolazione anziana ammontava a 33 milioni con la prospettiva di arrivare a 70 milioni nel 2030. Circa 1 milione di questi soffriva di gradi diversi di insufficienza renale (1.Hansberry  MR et al 2005).

I dati dell’U.S. Renal Data System (USRDS) indicano che, nell’ultima decade, il tasso di end-stage renal disease (ESRD) è in costante aumento nella popolazione di età ≥ 65 anni rispetto a quella più giovane  (2. Kurella M. et al 2007).

In Italia, secondo i dati relativi al Dicembre 2008 del Registro Italiano Dialisi e Trapianto, l’incidenza stimata di ESRD era di 153/milione di abitanti, con un’età media di ingresso in dialisi di circa 70 anni.

Per quanto riguarda la scelta della modalità dialitica nei pazienti anziani questa dipende, in primo luogo, dalle condizioni cliniche e, se queste non costituiscono controindicazione all’una o all’altra metodica, dipende dalla preferenza del paziente o, se questo non è autosufficiente, dalla famiglia o dal supporto sociale. In assenza di controindicazioni assolute entrambe le opzioni di terapia sostitutiva renale possono essere proposte al paziente.

Scopo del lavoro

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare, retrospettivamente, l’outcome di 40 pazienti anziani con insufficienza renale cronica terminale che hanno effettuato la dialisi peritoneale presso il nostro centro, in un periodo di 11 anni, con particolare attenzione a quella che è stata la sopravvivenza del paziente e della tecnica.

Materiali e metodi

Sono stati arruolati 40 pazienti anziani in DP, sia CAPD che APD, seguiti dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2010. Dallo studio sono stati esclusi i pazienti che all’inizio della DP provenivano dal trapianto e dall’emodialisi e quelli con un follow-up inferiore ai tre mesi. Abbiamo esaminato: i dati clinici che includono le comorbidità (diabete mellito, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari) e le cause di ESRD, la necessità o meno del partner per lo svolgimento della metodica, la tecnica dialitica utilizzata  (figura 1), le cause di drop-out della tecnica  e le cause di morte, sono stati inoltre raccolti i dati demografici e laboratoristici dei pazienti.

I dati demografici  comprendono: sesso, età, stato civile e grado di istruzione (figura 2).

I dati laboratoristici, valutati all’inizio e alla fine dello studio, comprendono:

  • Ematocrito
  • Albuminemia
  • Test di adeguatezza dialitica: Kt/V; Clcrs (clearance della creatinina); nPCR (normalized protein catabolic rate); GFR (glomerular filtration rate).

Risultati

Alla fine del nostro studio si è osservata una sopravvivenza del paziente dell’82,7% a 5 anni e, del 70% a 10 anni. La causa più frequente di morte è stata la malattia cardio-vascolare (57,9%) seguita dalle cause cerebrovascolari (10,5%) e infezioni (5,3%). Il restante 21,1% è deceduto per altre cause.Si è inoltre rilevato che i dati demografici (età anagrafica, sesso, livello educazionale, stato civile e comorbidità) non sono stati statisticamente significativi mentre invece sono risultate statisticamente significative le cause di ESRD, in particolare il diabete mellito (figura 3).

Per quanto riguarda la sopravvivenza della tecnica,questa è stata del 33% a 5 anni e dell’11% a 10 anni. I dati demografici, sesso, stato civile e livello di istruzione non sono risultati statisticamente significativi, così come le comorbidità e le cause di ESRD, mentre l’età anagrafica è risultata statisticamente significativa (figura 4). La morte gioca un ruolo importante tra le cause di drop-out della tecnica, rappresentando il 67,9%. Tra le altre cause troviamo il deficit di UF (14,3%), peritoniti (10,7%) e solo nel 3,6% dei casi il drop-out è determinato dalla scelta del paziente.

Sia per quanto riguarda la sopravvivenza del paziente che la sopravvivenza della tecnica, sono risultati statisticamente significativi i valori del GFR all’inizio dello studio (figura 5). Gli altri parametri considerati non sono, invece, risultati statisticamente significativi né sulla sopravvivenza del paziente né della tecnica.

Abbiamo valutato, infine, le infezioni peritoneali. Il 57,5% di pazienti non ha avuto nessun episodio di peritonite. Abbiamo avuto un episodio ogni 48,04 mesi per paziente per l’intera popolazione studiata. Valutando il dato per categoria non si è avuta nessuna peritonite nel 52,2% degli young old e nel 64,7% degli old old. Per quanto riguarda i germi il 56,7% erano Gram +, il 30% Gram - e il 6,7% funghi, nel restante 6,7% la coltura era negativa (figura 6).

Discussione

La revisione della nostra casistica ha evidenziato, a 5 anni, una sopravvivenza del paziente del 74,1% e della tecnica del 33%. Contrariamente a quanto riportato dalla letteratura, non sono risultati statisticamente significativi i parametri nutrizionali (albumina e nPCR), l’ematocrito e i parametri di adeguatezza dialitica (Kt/V e Clcrs). E’ verosimile che questo sia, almeno in parte, dovuto ad un effetto centro, la nostra gestione del paziente comprende infatti, uno stretto monitoraggio dell’assetto clinico e laboratoristico, che di conseguenza ci permette di intervenire precocemente sui parametri non adeguati.

Per comparare i nostri risultati con i dati della letteratura abbiamo effettuato un’ulteriore elaborazione dei dati. Gli studi di maggior rilevanza sono lo studio di Yang del 2007 e lo studio di Genestier del 2010 che riportano l’outcome nel lungo termine del paziente anziano in DP.

Nello studio di Yang, del 2007, la sopravvivenza del paziente era di 54 mesi per l’età compresa tra i 65 e 74 anni e di 50 mesi per quelli con età ≥ 75 anni. La sopravvivenza della tecnica era di 62 mesi per l’età compresa tra i 65 e 74 anni e di 64,5 mesi per quelli con età ≥ 75 anni (Yang X et al - 2007).

Nel nostro studio la sopravvivenza del paziente è stata di 95,8 ± 7,7 mesi per l’età compresa tra i 65 e 74 anni e di 84,9 ± 9,1 mesi per quelli con età ≥ 75 anni. La sopravvivenza della tecnica è stata di 62,5± 8,1 mesi per l’età compresa tra i 65 e 74 anni e di 36± 4,6 mesi per quelli con età ≥ 75 anni.

Lo studio di Genestier, del 2010, condotto, invece, solo su pazienti di età ≥ 75 anni evidenziava una sopravvivenza del paziente a 1, 2 e 3 anni rispettivamente del 64,9%, 40,6% e 14,9%. La sopravvivenza media della tecnica era 20 ± 14,4 mesi (Genestier S et al- 2010).

Nella nostra casistica la sopravvivenza del paziente era del 94,1% a 1 e 2 anni e dell’88,2% a 3 anni. La sopravvivenza media della tecnica era di 36± 4,6 mesi.

Per quanto riguarda le infezioni peritoneali, abbiamo avuto un episodio ogni 48,04 mesi per paziente per l’intera popolazione studiata, a dimostrazione che il paziente anziano è in grado di gestire con sicurezza la metodica, anche in modo autonomo.

Lo studio di Genestier evidenziava un episodio ogni 36,5 mesi per paziente.

Conclusioni

La dialisi peritoneale è una metodica dialitica efficace e, in molte condizioni, particolarmente adatta al paziente anziano, offre infatti diversi potenziali vantaggi quali: la conservazione del patrimonio vascolare, il mantenimento per più tempo della funzione renale residua, una migliore stabilità cardio-vascolare, un minore disagio per i pazienti e per lo stile di vita familiare poiché non sono necessari spostamenti, spesso dispendiosi e poco confortevoli. Esistono però diverse barriere al suo utilizzo, come dimostra la letteratura. Tutti i pazienti hanno diritto a ricevere un’appropriata e imparziale informazione sulle diverse modalità di terapia dialitica sostitutiva, e a tutti devono essere forniti gli strumenti per poter scegliere il tipo di dialisi che meglio si adatta al proprio stile di vita. Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale un early referral, cioè un precoce riferimento al nefrologo; si è visto, infatti, che i pazienti che arrivano tardivamente (late referral) difficilmente hanno la possibilità di effettuare una scelta consapevole. A tale scopo è fondamentale il ruolo dell’ambulatorio predialisi, con un team medico-infermieristico dedicato, che segua il paziente già in una fase precoce dell’insufficienza renale e lo guidi nella scelta. L’opportunità di scelta non dovrebbe essere preclusa neanche al paziente non autonomo e senza supporto familiare; fondamentale sarebbe, infatti, un supporto sociale che possa permettere anche all’anziano comorbido di effettuare il tipo di dialisi più idoneo.

Bibliografia

  1. Hansberry MR et al: The elderly patient with chronic kidney disease. Advances in Chronic Kidney disease 2005; 12: 71-77.
  2. Kurella M. et al: Octogenarians and nonagenarians starting dialysis in theUnited States. Ann Intern Med 2007; 146: 177-83.
  3. Yang X et al: Clinical outcomes for elderly patients undergoing chronic peritoneal dialysis: experiences from one center and a review of the literature. Int Urol Nephrol 2007; 39: 1295-1302.
  4. Genestier S et al: Prognostic survival factors in elderly renal failure patient treated with peritoneal dialysis: a nine-year retrospective study. Perit Dial Int 2010; 30. 218-236.
release  1
pubblicata il  27 settembre 2012 
da Cabiddu G, Manca E.M, Arceri A, Dessì E, Pani A.
(Divisione di Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera Brotzu, Cagliari, Italy)
Parole chiave: dialisi peritoneale
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