Login



FAD Discussioni nefrologiche – La FAD della SIN 2015


La gestione della gravidanza nelle nefropatie

La gestione della gravidanza in pre-dialisi e in dialisi: dai dati di registro alla clinica

release pubblicata il  11 marzo 2015 
da Giorgina Barbara Piccoli

Figura 1 di 52.

Le gravidanze in dialisi sono affascinanti; per certi aspetti rappresentano una nuova frontiera nella dialisi stessa; quello che possono insegnarci, quindi, va anche al di del contesto specifico ed interessa, più globalmente il senso della dialisi che oggi riteniamoadeguata”. 



Figura 2 di 52.

E’ sempre un motivo di orgoglio, per chi di noi si occupa di gravidanza nelle varie fasi delle malattie renali croniche, ricordare che la prima gravidanza condotta con successo in dialisi era una giovane donna, seguita in Italia, dal professor Confortini. Nonostante l’entusiasmo di questo primo lavoro, seguito da una discussione nella quale i grandi dializzatori dell’epoca si azzuffavano sull’eventualità di abortire in tutti i casi di gravidanze in dialisi, la gravidanza in dialisi rimane una strana eccezione, strana anche perché poco se ne parla sino al nuovo millennio, quando finalmente le parole che Shaldon disse a proposito di questa donna, citate nella discussione del lavoro dell’EDTA “se la donna avesse avuto una clearance inferiore, sarebbe stato necessario dializzarla ancora di più…. In fondo la dialisi cronica esiste per questo” diventano realtà.



Figura 3 di 52.

Un aspetto straordinario a proposito delle gravidanze in dialisi è quanto accaduto nel nuovo millennio ed, in particolare, negli ultimissimi anni: quando nel 2010 abbiamo intrapreso la prima revisione sistematica della letteratura del nuovo millennio rispetto alle gravidanze in dialisi (periodo 2000-2008), ci sembrava già strepitoso avere a disposizione quasi cento casi



Figura 4 di 52.

Una decina di sudi che, epurati dei duplicati, e considerando solo i lavoro che avessero dato notizia di almeno 5 gravidanze, portava a 10 case series e a 90 gravidanze in 78 donneA dispetto del nichilismo imperante, avevamo a che fare con lavori di tutto il mondo, e non solo (semmai meno dell’atteso) da Paesi particolarmente avanzati dal punto di vista tecnologico.



Figura 5 di 52.

La prima considerazione era quella di un aumento delle probabilità di successo, in parallelo con il miglioramento dell’efficienza dialitica, sino ad un 75% dei casi, con però ancora uno scotto molto importante da pagare alla mortalità perinatale e neonatale, in particolare legata al basso peso ed alla prematurità.



Figura 6 di 52.

Ma nel corso del quinquennio successivo avviene qualche cosa di ancora più straordinario a proposito delle gravidanze in dialisi: si quadruplicano le segnalazioni, da tutto il mondo, con serie sempre più ampie di pazienti. La differenza rispetto al periodo precedente è così netta che viene da chiedersi che cosa sia cambiato:  La dialisila gravidanza, sicuramente, con l’affermarsi, almeno in gravidanza, di ritmi dialitici intensivi e di dialisi sempre più lunghe, ma anche sicuramente molto la cultura, con un’apertura ad altri contesti sociali nei quali la malattia è quella che si vede (e dunque le donne in dialisi non sono a rigore considerata malate), e il valore della famiglia grande è fortemente  conservato, ed ancora il rapporto medico-paziente, che è sempre più flessibile e rispettoso delle scelte dei pazienti.



Figura 7 di 52.

In particolare



Figura 8 di 52.

In particolare, merita una lettura il lavoro Brasiliano che presenta una delle prime grande extraeuropee sulla gravidanza in dialisi 



Figura 9 di 52.

Mentre ancora on molte aree Europee ci si interroga sulla teoria, il gruppo di Sao Paulo sciorina 52 gravidanze, molto ben seguite, e con ottimi risultati.



Figura 10 di 52.

Ecco i dati generali: successi e purtroppo insuccessi



Figura 11 di 52.

E un bilancio nettamente positivo: 87% di successo, con un’età gestazionale già più che discreta.

Un punto ancora da definire è quello di che cosa sia la pre-eclampsia nelle pazienti in dialisi, tenendo conto anche della non chiara definizione del termine preeclampsia sovrapposta, soprattutto dove la proteinuria non sia un marker utilizzabile (anuria) o poco affidabile (contrazione della funzione renale residua)



Figura 12 di 52.

Quello che cambia di più, però è la dialisi: già nel periodo precedente spiccavano i risultati delle dialisi lunghe, di 8 ore per notte, come i migliori in assoluto, in una piccola  casistica Canadese. 



Figura 13 di 52.

Ma quando la piccola casistica Canadese diventa una grande serie con 22 pazienti e si confronta con il Registro Americano (registro volontario, gestito dalla dottoressa Hou), ci troviamo davanti un lavoro che ci obbliga a rivedere non solo quello che credevamo di sapere sulle gravidanze in dialisi ma anche molto di quello che sappiamo (o crediamo di sapere) sull’efficienza della dialisi in generale; l’articolo merita una lettura integrale, ma vediamo alcuni dettagli:



Figura 14 di 52.

La casistica è notevole, così coem le differenze di outcome: 86.4% contro 61.4%



Figura 15 di 52.

Ed il risultato chiave del lavoro è suggerire una “dose risposta” tra ore settimanali di dialisi e esito della gravidanza. 



Figura 16 di 52.

Oltre l’80’% di successo olte le 36 ore settimanali di dialisi: sicuramente impegnativo, ma anche chiaramente favorevole.



Figura 17 di 52.

Il vantaggio non è solo in termini di sopravvivenza, ma anche di età gestazionale: in altri termini anche meno prematuri, lasciando intravedere un minoro rischio di sequele per la salute a lungo termine nei figli. 



Figura 18 di 52.

In sintesi



Figura 19 di 52.

E la domanda su quale sia la dialisi ideale (o se ne esista una, e se questa sia o meno uguale per tutti) rimane uno dei quesiti più affascinanti dell’attuale rivisitazione della dialisi in gravidanza dall’ottica Canadese. 



Figura 20 di 52.

Ma se ci possono essere dei dubbi rispetto alla dialisi ideale, non c’è dubbio che una gravidanza ideale sia una gravidanza che finisce con un “bambino in braccio”, ma che continua con un bambino intelligente, sano e felice…



Figura 21 di 52.

Sappiamo molto poco dei “figli della dialisi”. In generale, gli studi si fermano a breve distanza dalla nascita e, sebbene siano sufficienti a segnalare il fatto che i bambini di madri in dialisi non hanno un rischio aumentato di malformazioni congenite, ci dicono poco sulla loro salute successiva. Questo bel lavoro della scuola francese rimane unico nel suo genere: si tratta di un’analisi approfondita del rischio che questi bambini hanno di sviluppare una malattia renale cornica anche lieve. 



Figura 22 di 52.

Anche questa è una bella serie di casi, dieci bambini, con storie molto diverse, ed in un lungo lasso di tempo.



Figura 23 di 52.

Le conclusioni lasciano qualche perplessità: segni minori di danno renale, che sembrerebbero però, dalla letteratura, paragonabili a quelli dei bambini pretermine, che hanno una massa nefronica mediamente inferiore a quella dei bambini “maturi”: è tale l’attesa di una patologia in questi bambini che, in più punti del lavoro, vengono chiamati “pazienti”. Da questa considerazione, anche, nasce il progetto Italiano sui “figli della dialisi”:



Figura 24 di 52.

Il titolo, che nasce da una discussione con l’ANED, sul significato più globale di questo lavoro, è la rivincita della vita, per sottolineare quanto la “maltrattata” dialisi possa, almeno in alcuni casi, almeno in condizioni favorevoli, permettere risultati straordinari e come, conseguentemente, il veto ancora spesso posto alla gravidanza in dialisi “impossibile” “pericolosa” “destinata a generare bambini malati” sia da rivedere criticamente. 



Figura 25 di 52.

Il paziente lavoro collaborativo che il gruppo di studio rene e gravidanza ha prodotto ha messo insieme tutte le forze possibili: il Gruppo di studio della SIN, il Registro Italiano, la FIR, l’ANED e la donazione della famiglia di un paziente. Questo è non solo un piccolo punto d’orgoglio, ma anche una grande dimostrazione di interesse, e di interesse a tutti i livelli: non solo le istituzioni, ma anche e soprattutto i singoli Centri che, tra grandi e piccoli, ci permettono di raccogliere 23 gravidanze, con 24 bambini nati vivi dal 2000 al 2012. 



Figura 26 di 52.

Due bambini all’anno non sono molti, certamente, ma ci fanno uscire da quella zona di impossibilità nella quale, ad onta delle esperienze dei Pionieri, le gravidanze in dialisi sono spesso state relegate.



Figura 27 di 52.

Alcuni punto sono, a nostro parere, da sottolineare: la mortalità perinatale è ancora molto elevata, e il peso psicologico sulla madre non va assolutamente sottovalutato; si tratta di bambini piccoli e prematuri, più spesso, oltre che piccoli in assoluto (specchio della prematurità) sono anche bambini piccoli per età gestazionale (segno di disfunzione placentare); son più piccoli rispetto ai “figli del trapianto”.

Ma va anche detto che, sebbene la media di ore di dialisi sia superiore a 20 alla settimana, nella più vasta popolazione in emodialisi, lo spazio di miglioramento, se ci si vuole tendere ad adeguare alle esperienze canadesi, è molto importante: il nostro potrebbe essere un punto di partenza e non di arrivo



Figura 28 di 52.

Sicuramente, un dato di cui tenere conto è quello del confronto con il trapianto: non una via semplice, anche questa, rispetto alla popolazione generale di riferimento, ma certamente una via meno complessa, a giudicare anche solo dall’età gestazionale. 



Figura 29 di 52.

Il risultato più eclatante è questa “scala” con gradini di un ordine di grandezza ciascuno: le pazienti con un trapianto di rene hanno circa 1:10 di probabilità, rispetto alle donne della popolazione generale, di avere un bambino vivo; a loro volta, le donne in dialisi hanno circa un decimo di probabilità di partorire un bambino vivo, rispetto alla popolazione trapiantata; in definitiva, una donna in dialisi ha una probabilità ridotta a circa 1:100 rispetto alla popolazione generale.



Figura 30 di 52.

Poco, sicuramente, ma non nulla, e sarà anche da capire meglio quanto quanto questo possa cambiare nel tempo, adeguando la dialisi e, forse, anche il nostro approccio. 



Figura 31 di 52.

Ci sono molto modi di leggere questi dati: un aspetto che sottolinea la rarità dell’evento, ma che ne suggerisce anche la fattibilità, è che i figli della dialisi sono nati in Centri grandi e piccoli, e che il successo dipende più dalla sorveglianza clinica e dalla stretta e positiva relazione medico paziente che dalla struttura di cura.



Figura 32 di 52.

Ecco i dati riassunti: sono rappresentate tutte le malattie renali, anche le più difficili; diverse età e, soprattutto, durate di dialisi; il successo non è solo appannaggio di chi ha una buona diuresi residua. Dialisi intensiva, aumentata in maniera importante in tutte le pazienti.  



Figura 33 di 52.

Ecco le conclusioni



Figura 34 di 52.

E, come si usa dire, il take home message è un messaggio di realistiche speranze: il difficile non è necessariamente impossibile,



Figura 35 di 52.

Come sempre, non possiamo prevedere di sapere tutto: non ci sono “ricette” per i bambini della dialisi: tutto, per quanto raro, è possibile



Figura 36 di 52.

E poi? Viene da chiedersi sicuramente a questo punto: come stanno non solo fisicamente, ma anche psicologicamente questi bambini?

Questo è un anteprima di un lavoro attualmente in review su NDT: un paragone tra i bambini della dialisi ed i figli di donne con altre malattie croniche, come la microcitemia, malattie con le quali convivere per tutta la ita, e che interferiscono anche con la probabilità di procreare. 



Figura 37 di 52.

Il lavoro, che è stato condotto con la somministrazione di diversi questionari mirati alla definizione della percezione da parte della madre delle condizioni dei bambini, ha seguito una scelta di minima invasività, coinvolgendo i genitori e non i figli, e limitando le informazioni richieste ad un minimo, per non medicalizzare, anche indirettamente i bambini.

È interessante notare come siano diverse le risposte nel le due popolazioni di pazienti in dialisi e con microcitemia. A fronte di un aumento di prevalenza di problemi di comunicazione nei flgli delle mamme in dialisi, peraltro in linea con un’aumentata incidenza di questo tipo di problema nei bambini prematuri, le madri in dialisi, forse anche per una particolare attitudine “in difesa” dichiarano uno stress minore rispetto alle donne con microcitemia.

La ragione di questa negazione dello stress, forse anche legata alle stesse caratteristiche di personalità che hanno reso possibile condurre questa battaglia, non è chiara, e sarà sicuramente molto interessante studiarla in altre occasioni. 



Figura 38 di 52.

Quindi, correndo il rischio della ridondanza, ecco una breve sintesi



Figura 39 di 52.

Di qui, un piccolo passo indietro alla questione di quando e se avviare la dialisi in gravidanza. Ancora una volta, la decisione in gravidanza si presta bene alla discussione dle paradigma: intent to treat early o intent to defer?



Figura 40 di 52.

Le recentissime linee guida Canadesi, oggetto di discussione accesa, ma anche di gaudio per i fautori delle terapie conservative prolungate, mettono in discussione l’atteggiamento aggressivo “early is best”, e spostano, sottolineando l’importanza della valutazione clinica, e, indirettamente, ripristinando il ruolo centrale del medico nefrologo, spesso perduto in una galassia di formule, l’avvio della dialisi alla comparsa di sintomi e non solo alla misura del GFR.



Figura 41 di 52.

Ed è questo un punto indiretto a favore delle diete : vale la pena prescriverle (e non solo, anche controllarle, seguirle, proporle)



Figura 42 di 52.

La nostra piccola esperienza in questo senso può essere citata soprattutto per la sua unicità: in un momento in cui le diete normoproteiche erano definite nella popolazione generale a 1-1.2 g/Kg/die di apporto proteico, nettamente superiori rispetto alle nuove indicazioni del WHO sull’alimentazione “normale, in cui il target proteico è fissato a 0.8 g/Kg/die, e quando si iniziava appena a discutere dei rischi delle diete iperproteiche in gravidanza, parlare di diete ipoproteiche in donne con malattia renale cornica in gravidanza è sembrato, a molti, una bizzarria a dire poco. La domanda era però, altrimenti, di difficile risposta: come fare a sostituire l’effetto di “riposo funzionale” sui nefroni residui, senza ACE inibitori, che sono controindicati in gravidanza, e come farlo in una condizione, come la gravidanza, appunto, di fisiologica iperfiltrazione?



Figura 43 di 52.

Queste sono le caratteristiche della dieta, adattata alla gravidanza a partire dagli schemi qualitativi e flessibili che adottiamo di solito (disponibile in versionei ntegrale come allegato del lavoro successivo)



Figura 44 di 52.

Alcuni anni dopo la prima analisi dei dati, che già ci aveva rassicurato sulla fattibilità di questo approccio, un risultato interessante è stato fornito da un paragone, mirato alla crescita fetale, tra donne a dieta vegana supplementata e donne che, per varie ragioni, non erano state (o avevano preferito non essere) trattate con questo tipo di regime alimentare in gravidanza.  



Figura 45 di 52.

Questa era la flow-chart di casi e controlli



Figura 46 di 52.

E questo l’andamento, in gravidanza, di creatinina e proteinuria in casi e controlli



Figura 47 di 52.

E questa la conclusione, tanto positiva, quanto inaspettata: la prevalenza di bambini piccoli per età gestazionale è inferiore nelle donne a dieta rispetto ai controlli. Ad onta di una lunga serie di fattori confondenti, primo tra tutti il fatto che la principale ragione di “non dieta” era il riferimento tardivo al nostro Centro, il risultato, peraltro in linea con l’assenza di effetti negativi sulla crescita fetale osservato in donne vegane per scelte personali (sempre però a patto di controlli attenti, soprattutto per quanto riguarda gli elementi in tracce, in gravidanza), rassicura, in maniera più solida ancora, sulla fattibilità di questo approccio. 



Figura 48 di 52.

Nella pratica, dunque, qualche suggerimento:  



Figura 49 di 52.



Figura 50 di 52.

E la domanda su cosa fare di questa ragazza resta aperta: i nostri colleghi canadesi l’avrebbero probabilmente avviata alla dialisi; noi anche oggi proveremmo a metterla a dieta, riservando la dialisi ad una chiara necessità clinica. Che cosa fareste voi?



Figura 51 di 52.

Non è solo per gusto di polemica, e non è solo per il piacere della discussione, e certamente non è per cercare una via di compromesso in un argomento che, come la gravidanza, non conosce mezze misure, che la conclusione probabilmente oggi più giusta è a favore di un’analisi caso per caso, che combini le condizioni cliniche, le risorse dialitiche e le scelte personali, ricordando però sempre che dobbiamo confrontarci con una dialisi “a tempo pieno”, di stampo canadese, che, in 40 ore alla settimana di trattamento, supera l’80% probabilità di fare nascere bambini sani e non gravemente prematuri. 



Figura 52 di 52.

E solo per gli amanti della pittura del tardo Medio Evo: Santa Margherita che esce, pregando, dalla pancia del drago e che, per questo parto all’inverso, viene invocata dalle gestanti per un parto senza dolore

Grazie per la lettura



Parole chiave: rene policistico

Per partecipare al Corso di Formazione a Distanza è necessario:

  • Effettuare, al primo accesso, la registrazione cliccando sul pulsante "Registrati"
  • Compilare l’apposito modulo di registrazione

Se sei già registrato fai la login con utente e password.



Realizzazione: TESISQUARE®
Per assistenza tecnica sul sito: fad@wooky.it
Per assistenza ECM: Infomedica, info@infomedica.com
Tel. 011.859990 (dal lunedì al venerdì, ore 9.30-12.30 / 14.30-17.30)