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FAD Discussioni nefrologiche – La FAD della SIN 2015


Hot topics nel trapianto renale

Il donatore vivente “marginale”: cosa dicono le linee guida internazionali?

release pubblicata il  11 marzo 2015 
da Luigi Biancone

Figura 1 di 48.



Figura 2 di 48.

Tra le opzioni terapeutiche per la ESRD, il trapianto di rene da donatore vivente rappresenta il trattamento migliore per i suoi risultati superiori in termini di sopravvivenza del paziente e qualità di vita rispetto al trapianto da donatore cadavere e alla dialisi.  La carenza di organi e l limitata espansione del trapianto da donatore cadavere nell’ultima decade ha reso la donazione di rene da vivente una pratica in crescita progressiva in Europa, in particolare nelle nazioni del nord.



Figura 3 di 48.

L’Italia è tra i paesi in Europa in cui questa opzione trapiantologica è numericamente più indietro, ma i dati dimostrano che è comunque in progressiva crescita. 



Figura 4 di 48.

L’espansione del trapianto da donatore vivente ha portato a considerare anche l’utilizzo di donatori con età maggiore di 60 anni che sono nettamente incrementati nel giro di pochi anni.



Figura 5 di 48.

Quest’ analisi dei criteri di valutazione dei donatori viventi nei diversi centri trapianto statunitensi mostra come si è modificata l’atteggiamento dei centri in merito all’ età del donatore rispetto al recente passato (dal 1995 al 2007). Secondo i dati più recenti il 60% dei centri non ha un’età limite nell’accettare i donatori.   



Figura 6 di 48.

Naturalmente l’espansione dei criteri per la donazione da vivente pone una serie di quesiti su quali sono i limiti per il donatore, in considerazione del fatto che la preoccupazione fondamentale nel trapianto del donatore vivente è la «safety» del donatore.



Figura 7 di 48.

Questi sono fondamentalmente i quesiti principali:

  • La donazione è legata ad un maggior rischio di mortalità e/o sviluppo di complicanze post intervento chirurgico?
  • La donazione può comportare un aumentato rischio di insorgenza di comorbidità?
  • La donazione può comportare un aumentato rischio di sviluppo di insufficienza renale nel lungo termine?


Figura 8 di 48.

Nell’ultima decade una serie di linee guida sono state tracciate in merito allo screening e al follow-up del donatore.



Figura 9 di 48.

Tra queste segnalo quelle recentemente riaggiornate della British Transplantation Society/Renal Association



Figura 10 di 48.

E quelle europee dell’EDTA/ERA recentemente prodotte anche grazie allo sforzo di due esperti italiani (prof.ri Umberto Maggiore e Maurizio  Salvadori).



Figura 11 di 48.

Le linee guida hanno però dei limiti che riflettono la qualità dei dati a disposizione in letteratura. In particolare, nell’analisi dei fattori di rischio del donatore, esistono pochi studi con controlli appropriati, con sottrazione di fattori confondenti, e con Follow up sufficiente.

Inoltre, nessuno studio su effetto combinato di più fattori di rischio.

Pertanto le linee guida si esprimono spesso in termini di semplici raccomandazioni basate sulla conoscenza della storia naturale delle anormalità clinico-patologiche, sul buon senso clinico e sul consenso tra gli esperti del board.



Figura 12 di 48.

Questi sono i fattori che tratteremo.



Figura 13 di 48.



Figura 14 di 48.

Per quanto riguarda il GFR  alcune linee guida considerano un limite fisso di GFR minimo per la donazione indipendentemente dall’età (CARI, OPTN/ONUS), mentre altre, ed in particolare quelle UK, contemplano un GFR minimo variabile con l’età del donatore.  



Figura 15 di 48.

L’adottare un GFR minimo variabile con l’età riflette la nozione di un abbassamento fisiologico del GFR con l’avanzare dell’età. Dopo i 40 aa c’è un calo fisiologico di 0.9 ml/min/1.73mq/anno.



Figura 16 di 48.

Come si può vedere dalla tabella, la BTS ha posto per ogni età dei limiti diversi di GFR minimo nella considerazione basata su studi di una curva di declino del GFR con l’età che garantisca al donatore GFR minimo dipendente dall’età di almeno 37.5 mL/min/1.73mq all’età di 80 aa col rene rimanente.



Figura 17 di 48.

Le linee guida ERBP hanno sostanzialmente recepito quelle inglesi con la raccomandazione di utilizzare metodi di misurazione del GFR anche con metodo radioisotopico in caso di dubbi.



Figura 18 di 48.

D’altronde questo studio ben dimostra come i diversi metodi per la misurazione del GFR possono portare a diversi risultati soprattutto nel range di GFR che è rilevante per valutare l’accettabilità alla donazione.



Figura 19 di 48.

Questo studio dimostra come la perdita progressiva del GFR sia associata a fattori di comorbidità come ipertensione, macroalbuminuria e diabete. In particolar modo la velocità di riduzione del GFR è decisamente più rilevante con la comparsa di queste 2 ultime entità cliniche rispetto alla sola ipertensione.



Figura 20 di 48.



Figura 21 di 48.

Il dimetabolismo glicidico è pertanto una delle condizioni di anormalità prese in considerazione dai centri trapianto e, conseguentemente, dalle linee guida per valutare l’esclusione alla donazione.

Alla base dei criteri di esclusione stanno le seguenti considerazioni:

  • con IGT possibilità di sviluppare DM dopo 5 aa
    • 30% se presente familiarità per DM2
    • 10% senza familiarità
  • Con diabete gestazionale:
    • 19% di DM dopo 9 aa dalla gravidanza

Su questa base, le linee guida si sono orientate in modo parzialmente sovrapponibile: il DM è un criterio netto di esclusione per la maggior parte di loro, l’IGT è una controindicazione per le linee guida australiane e l’Amsterdam Forum. La BTS si pone su una linea apparentemente più possibilista senza esclusione a priori dei diabetici ma in realtà limitando a casi estremamente selezionati. Per l’IGT anche le ERBP non la considerano come controindicazione assoluta ma danno estrema rilevanza alla familiarità del donatore per diabete.



Figura 22 di 48.

L’importanza di fattori come l’età, l’etnia e la familiarità sul rischio di sviluppare diabete in caso di riscontro di anormalità glicemiche è ben evidenziato nell’algoritmo proposto in questo studio.



Figura 23 di 48.



Figura 24 di 48.

Riguardo la proteinuria le linee guida sono sostanzialmente sovrapponibili per quanto riguarda le loro raccomandazioni:

Proteinuria>300mg/die: controindicazione per ERBP, CARI, BTS, Amsterdam FC)

CARI: proteinuria minore: approfondire eventualmente anche con BR

Microalbuminuria: controindicazione relativa per CARI, ERBP, Amsterdam

La microalbuminuria va valutata nell’ottica di rappresentare un possibile danno d’organo da altra causa (ipertensione, DM/IGT).



Figura 25 di 48.



Figura 26 di 48.

Anche per la microematuria, le considerazioni sono simili tra le linee guida raccomandando una valutazione approfondita che può anche arrivare sino alla biopsia renale, considerando un’ematuria persistente di origine glomerulare come una controindicazione sulla base di dati che mostrano che esiste un rischio aumentato di proteinuria e declino funzione renale in donatori con microematuria glomerulare persistente (Kido, AJT 2010). Fa parzialmente eccezione la malattia a membrane sottili, previa considerazione di altri fattori di rischio per progressione (proteinuria, ipertensione, IRC).



Figura 27 di 48.



Figura 28 di 48.

Le linee guida affrontano molto cautamente il problema dell’obesità nel donatore considerando 30-35 Kg/m2 di BMI come un limite per controindicazione alla donazione, in assenza di un secondo fattore di rischio.



Figura 29 di 48.



Figura 30 di 48.

Per quanto riguarda l’ipertensione, l’orientamento più recente raccomanda di escludere soggetti che hanno un danno d’organo

secondario all’ipertensione arteriosa, permettendo di accettare donatori ipertesi con:

-pressione arteriosa ben controllata con 1 solo farmaco o 2 di cui 1 è un diuretico

-buona funzione renale

-assenza di danni d’organo

-età >50 aa



Figura 31 di 48.

In termini generali, secondo le linee guida ERBP la compresenza di più fattori di rischio raccomanda la preclusione alla donazione.



Figura 32 di 48.

A questo riguardo, venendo ai dati in letteratura è stata studiata una popolazione di donatori che al momento della donazione aveva i criteri clinici per sindrome metabolica. Lo studio mostrava i dati istologici al momento del trapianto che confermavano una maggior frequenza di anormalità istologiche nei donatori con sindrome metabolica rispetto a quelli senza.



Figura 33 di 48.

L’analisi del follow up dei donatori a distanza non dimostrava però un riduzione maggiore del GFR nei donatori con sindrome metabolica rispetto agli altri. Il limite di questo studio è il breve tempo di follow up (mediana 744 giorni post donazione) che può non essere sufficiente a svelare eventuali manifestazioni funzionali negative tardive.



Figura 34 di 48.

L’impatto dell’età del donatore sulla sua funzione renale residua nel lungo termine è stato ben studiato in questa casistica olandese che dimostra che dopo una iniziale caduta della funzione renale dopo la donazione,  non segue un declino accellerato della funzione renale che rimane poi stabile nei giovani come negli anziani. Nella loro casistica nessun donatore ha mai avuto meno di 30 ml/min di GFR nel corso di 13 anni di monitoraggio e la prevalenza di ipertensione era inferiore rispetto alla popolazione generale.



Figura 35 di 48.

La conclusione dello studio era focalizzata sull’importanza della selezione del donatore.



Figura 36 di 48.

D’altra parte in molti centri, come ad esempio quello di Torino, in caso di candidato alla donazione con età>60aa o anomalie mediche isolate sono richiesti esami supplettivi



Figura 37 di 48.

L’outcome dei donatori è stato sempre oggetto di numerosi studi, ma dal 2010 sono comparsi i lavori più significativi in merito. In questo studio del gruppo di Baltimora sono stati comparati 80347 donatori vs 80347 controlli sani dalla coorte Nhanes III, selezionata per i soggetti senza controindicazioni alla donazione.

Mortalità chirurgica a 90gg:  3.1/10000 (n=25) vs 0.4/10000 (n=3) nei ctrl, un dato decisamente basso considerando che la mortalità per colecistectomia laparoscopica è di 18/10000.  La mortalità precoce era > per M/F, Ipertensione, afroamericani ma non per BMI, età, fumatore, PA sistolica.  

Il dato più importante era che nessuna differenza di mortalità era più rilevabile a 12 mesi.

Questo studio confermava che la donazione di rene da vivente è una pratica clinica ragionevolmente sicura.



Figura 38 di 48.

In un secondo studio sempre condotto negli USA, una coorte di 96217 donatori viventi era comparata con una popolazione di 20024 controlli selezionati da NHANES III per pari caratteristiche. In questo studio i donatori avevano un rischio aumentato di ESRD (7 volte) su una mediana di 7.6 anni. In ogni caso la grandezza del rischio assoluto era estremamente contenuto (0.9% vs 0.14%). L’incidenza cumulativa di ESRD era più alta tra i donatori anziani e gli afroamericani. L’aumentata incidenza in quest’ultimo gruppo può essere dovuto sia a fattori genetici che ad un aumentato rischio di sviluppare comorbidità post-donazione come l’ipertensione.

In ogni caso, rispetto alla popolazione generale I donatori viventi avevano un rischio stimato di sviluppo di ESRD nettamente inferiore (90 casi per 10,000 donatori viventi vs 326  casi per 10,000 controlli, 3.6 volte meno).



Figura 39 di 48.

In questo recente studio norvegese, 1901 donatori sono stati comparati con 32,621 soggetti di controllo potenzialmente idonei alla donazione. Lo studio ha dimostrato un rischio di ESRD nel lungo termine significativamente aumentato (hazard ratio 11,38), e una mortalità cardiovascolare e da tutte le cause incrementata ( incidenza cumulativa a 25 anni del 18% nei donatori vs. 13% nei controlli). Va notato però che in questo studio tutti I donatori con ESRD (n=9) erano biologicamente correlati ai riceventi e la malattia renale era immunologica, suggerendo un rischio ereditario.

Inoltre, il gruppo di controllo derivava da una ristretta area geografica della Norvegia ed era selezionata da uno studio condotto in un periodo di tempo molto limitato (1984-1987), sollevando dubbi riguardo l’appropriatezza dei controlli. Inoltre, il rischio di mortalità non era confermato in altri importanti studi (Segev JAMA 2012, Garg BMJ 2012).



Figura 40 di 48.

Venendo alla realtà italiana, questi sono i dati di sopravvivenza dei trapianti da donatore vivente in Italia dal 2001-2011 secondo il SIT.



Figura 41 di 48.

Di questi i trapianti da donatore con età superiore a 60aa sono stati il 19.7% e le sopravvivenze comparate del graft sono sovrapponibili tra le 2 fasce di età.



Figura 42 di 48.

Venendo alla realtà di un centro italiano come quello di Torino, dal 1985 al 2013 sono stati effettuati 116 trapianti da donatore vivente, di cui il 18.1% con età maggiore di 60aa.



Figura 43 di 48.

Del totale dei donatori queste erano le anomalie mediche pre-donazione, che erano maggiormente presenti nei donatori maggiori di 60aa.



Figura 44 di 48.

Questi sono i dati di follow up dei donatori  nel lungo termine che dimostrano un’ottima sopravvivenza del donatore, funzione renale e contenuta prevalenza di sviluppo di ipertensione de novo.



Figura 45 di 48.

L’andamento del GFR dei donatori viventi del centro di Torino dopo il calo fisiologico post-nefrectomia si mantiene nel tempo su ottimi livelli anche per i soggetti con età superiore a 60aa



Figura 46 di 48.

Questo è solo un esempio del favorevole utilizzo di donatori anziani strettamente selezionati a beneficio di riceventi anche giovani.



Figura 47 di 48.

•In conclusione, L’utilizzo di soggetti sani con età > 60 o 70 aa per donazione renale sembra essere caratterizzato da :

  • bassa incidenza di complicanze peri e post-operatorie
  • bassa incidenza di comorbidità a lungo termine

Tuttavia per ottenere tali risultati è necessaria una corretta valutazione rischi-benefici e una notevole attenzione alla presenza di anomalie mediche e alle loro sommatorie.



Figura 48 di 48.

•Con queste premesse, i dati nazionali ed internazionali consentono di definire che L’utilizzo di donatori da vivente anziani permette di aumentare il numero di trapianti da vivente con ottimi risultati sia di  sopravvivenza del paziente che del rene anche per riceventi giovani.  



Parole chiave: donatore vivente marginale

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