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FAD Discussioni nefrologiche – La FAD della SIN 2015


Hot topics nel trapianto renale

Il trapianto renale HLA incompatibile

release pubblicata il  11 marzo 2015 
da Emanuele Cozzi

Figura 1 di 35.



Figura 2 di 35.

Ci sono pochi organi umani e, purtroppo, dopo il trapianto questi organi durano poco. Mediamente il 50% dei malati trapiantati di rene ha bisogno di un ri-trapianto entro 15 anni.



Figura 3 di 35.

Il rigetto causato da anticorpi è  la prima causa di perdita tardive dell’organo trapiantato



Figura 4 di 35.

Il grado di incompatibilita HLA viene evidenziato misurando nel ricevente l’eventuale presenza di anticorpi diretti contro gli antigeni  HLA del donatore



Figura 5 di 35.

Negli ultimi anni vi è stato un miglioramento delle tecniche di laboratorio usate per rilevare la presenza di anticorpi anti-HLA. Queste nuove tecniche permettono di evidenziare la presenza anche di bassissimi livelli di anticorpi.



Figura 6 di 35.

Attenzione però: tutte le tecniche hanno dei limiti intrinseci e possono dare dei risultati falsamente positive o negativi



Figura 7 di 35.

L’organo trapiantato stesso puo fungere da spugna e rimvuovere dalla circolazione la presenza degli anticorpi anti-donatore, dando luogo a risultati falsamente negativi.



Figura 8 di 35.

L’effetto prozona è legato alla presenza di anticorpi anti-HLA ad alte concentrazioni ed alla interferenza delle protein della cascata del complement con il test



Figura 9 di 35.

L’effetto prozona è legato alla presenza di anticorpi anti-HLA ad alte concentrazioni ed alla interferenza delle protein della cascata del complement con il test



Figura 10 di 35.

Recentemente è stato riportato che gli anticorpi anti-HLA in grado di attivare la cascata del complemento sono associati ad una prognosi peggiore dell’organo (rispetto agli anticorpi anti-HLA che non attivano il complemento).



Figura 11 di 35.

La presenza di anti-HLA donatore-specifici (DSA) può portare a diverse forme di danno sia esso acuto che cronico.



Figura 12 di 35.

In generale, I pazienti con DSA hanno una peggior sopravvivenza degli organi trapiantati



Figura 13 di 35.

I DSA possono indurre danno attraverso la attivazione della cascata del complemento



Figura 14 di 35.

I DSA possono indurre danno anche attraverso meccanismi che sono indipendenti dalla attivazione della cascata del  complemento



Figura 15 di 35.

Gli anticorpi possono attivare la cellula endoteliale, indurre una proliferazione della cellula endoteliale, oppure portare a citotossicità cellulare con azione dipendente dalla presenza dell’anticorpo



Figura 16 di 35.

La produzione di DSA e stimolata da gravidanze pregresse, trasfusioni e precedenti trapianti



Figura 17 di 35.

La gravidanza è uno stimolo molto forte alla sensibilizzazione e dopo la terza gravidanza il 90% delle donne produce anticorpi anti-HLA.



Figura 18 di 35.

Il rischio di sensibilizzazione è aumentato se si combinano più eventi immunizzanti (es. trasfusioni + gravidanze) 



Figura 19 di 35.

Il rischio di immunizzazione è proporzionale al numero di mismatches donatore-ricevente.



Figura 20 di 35.

Esistono diverse strategie per trapiantare il malato con anticorpi anti-HLA e verranno qui brevemente descritte



Figura 21 di 35.

I protocolli di desensibilizzazione più diffusi sono quelli sviluppati dal Cedars-Sinai Medical Center (Jordan et al)

dalla Johns Hopkins University (Montgomery et al) che verranno brevemente descritti



Figura 22 di 35.

Protocollo di Jordan: punti-chiave: 1) applicabile sia per donatore cadaverico che vivente; 2) usa IVIG [ad alte dosi] ma NON la plasmaferesi; 3) mantenimento convenzionale: Tacrolimus; MMF; Prednisone



Figura 23 di 35.

Il Protocollo di Jordan non porta a diminuzione del PRA



Figura 24 di 35.

I risultati a distanza del Protocollo di Jordan sono ottimi: rapido accesso al trapianto con ottimi risultati a distanza di 1 anno



Figura 25 di 35.

Tuttavia, altri ricercatori hanno riportato una scarsa efficacia del  Protocollo di Jordan, forse legata alla diversa tipologia di malati trapiantati (malati maggiormente immunizzati)



Figura 26 di 35.

Protocollo di Montgomery: punti-chiave: 1) applicabile solo nel caso di donatore vivente; 2) plasmaferesi e CMVIg [a basse dosi]; 3) mantenimento convenzionale: Tacrolimus; MMF; Prednisone



Figura 27 di 35.

Protocollo di Montgomery porta ad ottimi risultati a distanza di 8 anni (in termine di sopravvivenza sia dell’organo trapiantato che del malato) rispetto a soggetti non trapiantati



Figura 28 di 35.

Recentemente, un protocollo che utilizza l’anticorpo monoclonale contro la frazione C5 del complemento [eculizumab] è stato introdotto da alcuni studiosi per permettere il trapianto di soggetti con DSA.



Figura 29 di 35.

Tuttavia, i malati desensibilizzati vanno incontro a lesioni precoci del rene trapiantato



Figura 30 di 35.



Figura 31 di 35.

•Il Sistema trapianti Italiano (CNT) si sta dando da fare per permettere l’accesso al trapianto anche di soggetti iperimmunizzati mediante 2 approcci: 1) il Programma nazionale iperimmuni; e 2) il progranmma Cross-over – Kidney Pair Donation



Figura 32 di 35.

Il  Programma nazionale iperimmuni coordinato dal Prof Amoroso ha permesso di trapiantare parecchi malati con PRA>80% ed in attesa di un rene da più di 10 anni.



Figura 33 di 35.

In alternative, è stato proposto il programma Cross-over – Kidney Pair Donation che permette lo scambio di organi tra coppie donatori-riceventi incompatibili



Figura 34 di 35.

Il programma Cross-over – Kidney Pair Donation puo permettere lo scambio «a cascata» di organi tra coppie donatori-riceventi incompatibili. Questa pratica puo anche coinvolgere coppie appartenenti a paesi diversi



Figura 35 di 35.



Parole chiave: rene policistico, trapianto renale hla

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