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FAD Discussioni nefrologiche – La FAD della SIN 2015


Hot topics nel trapianto renale

I nuovi marcatori per predire gli eventi avversi del trapianto renale

release pubblicata il  11 marzo 2015 
da Paolo Cravedi

Figura 1 di 38.



Figura 2 di 38.

Secondo la definizione dellNIH, biomarker e un parametro misurabile da utilizzare come indicatore di processi biologici normali, patologici, o risposte a interventi terapeutici



Figura 3 di 38.

Il biomarker ideale ha un alto valore predittivo positivo e negativo, e sensibile, rapido da misurare e da ottenere in modo non invasivo, semplice e poco costoso.



Figura 4 di 38.

I potenziali benefici ottenibili con i biomarker nel trapianto includono la definizione del rischio immunologico del pazienti per individualizzare la terapia immunosoppressiva e predire eventi avversi.



Figura 5 di 38.

Il processo di sviluppo di un biomarker e complesso e solo una minima frazione dei biomarker candidati arriva ad essere commercializzato e poi impiegato nelle pratica clinica.



Figura 6 di 38.

Esistono due possibili strategie per lidentificazione di biomarkers: 1) biased, ovvero basata su una specifica ipotesi di lavoro che testa una o piu molecole o readout predefiniti; 2) unbiased, ovvero screening di proteine, geni etc. non basati su alcuna ipotesi specifica ad eccezione del fatto che tramite queste analisi sara possibile identificare elementi in grado di differenziare gruppi di soggetti con fenotipi clinici distinti.



Figura 7 di 38.

Questa presentazione illustrera alcuni dei piu significativi esempi di biomarker identificati con strategie biased e impiegati nel trapianto renale



Figura 8 di 38.

Lo sviluppo di microbiglie ricoperte di antigeni anti-HLA ha permesso di identificare tecniche citofluorimetriche in grado di identificare alloanticorpi con alti livelli di sensibilita e specificita. Grazie proprio a queste caratteristiche della metodica, la citofluorimetria ha soppiantato i test in citotossicita, meno sensibili nellidentificare anticorpi anti-HLA. 



Figura 9 di 38.

Numerosi studi hanno riportato unassociazione fra lo sviluppo di anticorpi anti-HLA (non necessariamente specifici per il donatore) e il succesivo sviluppo di rigetto cronico del graft. Qui e riportato uno studio prospettico in cui pazienti con trapianto renale da piu di 6 anni provenienti da tre diversi centri vennero testati per la presenza di anticorpi anti-HLA e seguiti prospetticamente per 6 anni. Coloro che erano positivi avevano una sopravvivenza inferiore rispetto ai pazienti negativi.

Va pero evidenziato che non tutti i pazienti con anticorpi anti-HLA hanno una perdita di funzione del graft accelerata.



Figura 10 di 38.

E quindi importante capire se non solo la specificita degli anticorpi, ma anche la loro attivita ha un impatto sulloutcome del trapianto. Un recente studio francese ha affrontato questo quesito importante quesito stratificando i pazienti con anticorpi anti-HLA del donatore sulla base della loro capacita di legare il fattore C1q del complemento.



Figura 11 di 38.

Cosi facendo e risultato evidente che solo i pazienti con anticorpi anti-HLA del donatore leganti il C1q avevano un outcome negativo. Va tuttavia ricordato che questa analisi degli anticorpi anti-HLA e estremamente costosa e quindi difficile da implementare nella pratica clinica. Inoltre, I pazienti con anticorpi leganti il C1q erano quelli con titoli di anticorpi piu alti. Il titolo (non la specifica attivita degli anticorpi) potrebbe quindi essere responsabile per loutcome negativo di questi pazienti. Il paper inoltre non valuta il valore predittivo del C1q binding indipendente dalla specifita degli anticorpi anti-HLA classe I verso classe II (generalmente piu negativi per loutcome del graft). Il suo valore prognostico resta quindi al momento incerto, ma questo test potrebbe rivelarsi utile per identificare I pazienti a maggiore rischio di perdita del graft.



Figura 12 di 38.

In generale, il test in citofluorimetria per lidentificazione degli anticorpi anti-HLA e attualmente in uso clinico. Vanno pero considerate alcune limitazioni nellinterpretazione di questo biomarker, tra cui il fatto che le microbiglie non coprono lintero spettro degli antigeni HLA e le sequenze rappresentate potrebbero non riflettere pienamente quelle presenti in vivo. Esistono poi ancora problemi nella standardizzazione della metodica e nella definizione di positivita.



Figura 13 di 38.

Un altro biomarker e rappresentato dal Cylex, ovvero un test che misura la produzione di ATP come parametro del metabolismo dei linfociti T. Il test parte dallipotesi che piu alto sono i livelli di ATP prodotti dai linfociti, maggiore e il loro livello di attivazione (e quindi il rischio di rigetto acuto). Al contrario, quando I livelli di ATP nei linfociti sono bassi, il paziente potrebbe essere a rischio di infezioni o neoplasie per un eccesso di terapia immunosoppressiva.

Lassay e semplice e consiste nellisolamento dei linfociti T dal sangue periferico dei pazienti, nella loro attivazione con un mitogeno (PHA) e nella successiva misurazione dei livelli di ATP prodotti.



Figura 14 di 38.

Una meta-analisi su 504 riceventi di trapianto renale aveva inizialmente trovato unassociazione tra I livelli di ATP e rischio di rigetto verso infezioni. Successivi studi pero non hanno confermato questo finding. 



Figura 15 di 38.

In uno studio prospettico eseguito a Parma su 55 riceventi di trapianto renale non abbiamo trovato alcuna relazione fra i livelli di ATP e il rischio di rigetti, infezioni o sviluppo di anticorpi anti-HLA.



Figura 16 di 38.

Nel complesso, gli studi iniziali avevano supportato unassociazione fra i livelli di ATP nel Cylex ed i livelli di immunosoppressione. Lassay e stato quindi standardizzato e commercializzato. Successivi studi prospettici, tuttavia, non ne hanno confermato lutilita come biomarker per rigetti o infezioni nei pazienti con trapianto renale.



Figura 17 di 38.

Spostiamo ora lattenzione su un specifico subset di linfociti T, le cellule memoria, che ricoprono un ruolo patogenetico cruciale nel rigetto dellorgano trapiantato. Queste cellule sono numerose, sono resistenti alla maggior parte degli immunosoppressori impiegati e rispondono piu efficacemente delle cellule naïve ad uno stimolo antigenico. Sono cellule importanti per la protezione contro le infezioni, ma sono un problema nel contesto del trapianto renale.



Figura 18 di 38.

E stato quindi ipotizzato che la frequenza di cellule memory contro il donatore possa predire il rischio di rigetti acuti e la funzione del graft.



Figura 19 di 38.

Per misurare il numero di cellule memory contro il donatore, e stato sviluppato lELISPOT. Questo assay combina aspetti caratteristici dellELISA e di una MLR. Le cellule del ricevente vengono messe in pozzetti ricoperti da anticorpi anti-IFN-g e lasciate per 12 ore in presenza delle cellule del donatore irradiate. Le cellule vengono poi rimosse e laggiunta di anticorpi secondari permette di rilevare delle macchia (spot) dove erano presenti cellule che hanno prodotto IFN-g in risposta agli antigeni del donatore. Il tempo di incubazione delle cellule e cruciale, perche solo le cellule memory produrranno INF-g in un intervallo di tempo cosi breve.



Figura 20 di 38.

Il numero di spot (quindi di cellule memory reattive contro il donatore) misurato pre-trapianto e stato riportato essere associato alla funzione del graft a vari intervalli dopo il trapianto.



Figura 21 di 38.



Figura 22 di 38.

Gli studi iniziali sono stati poi validati in altre coorti e hanno dimostrato una forte correlazione fra i livelli di ELISPOT pre- e post-trapianto e il rischio di rigetto e perdita del graft nel lungo termine.



Figura 23 di 38.

La misurazione della frequenza di cellule memory con ELISPOT e un promettente biomarker. Sono pero ancora necessari studi prospettici per valutare se scelte cliniche basate sui risultati di questo assay migliorano gli outcome dei pazienti rispetto alla pratica clinica convenzionale. La commercializzazione di questo test potrebbe pero essere problematica e potrebbe essere necessario sviluppare altre strategie per la misurazione delle cellule memory.



Figura 24 di 38.

Le chemochine urinarie costituisco un altro interessante biomarker. Diversi studi monocentrici hanno riportato un incremento di CXCL9 durante gli episodi di rigetto acuto. Da questo background e partito uno studio del consorzio americano CTOT per la validazione di questo biomarker.



Figura 25 di 38.

In questo studio prospettico multicentrico, alti livelli urinari proteici di CXCL9 sono risultati avere un alto valore predittivo negativo per il rigetto acuto. Pochi dei pazienti con bassi livelli urinari di CXCL9 e rialzo della creatinina avevano rigetto acuto. Questo e un finding importante che puo aiutare a indirizzare la diagnosi e limitare le indicazioni alla biopsia renale.



Figura 26 di 38.



Figura 27 di 38.

E interessante poi notare che i valori urinari di CXCL9 si elevavano gia nel corso del mese precedente lepisodio di rigetto acuto.



Figura 28 di 38.

E stato poi valutato se i livelli elevati di CXCL9 nelle urine erano associati a rigetti subclinici. A questo fine, sono stati correlati i livelli di urinari di CXCL9 con lo score istologico in 170 biopsie per protocollo eseguite a 6 mesi.



Figura 29 di 38.

E stata rilevata una forte correlazione fra i livelli di CXCL9 nelle urine e lo score istologico di Banff, a suggerire che il CXCL9 potrebbe costituire un biomarker per identificare I soggetti con infiltrati nel graft senza rialzo della creatinina.



Figura 30 di 38.



Figura 31 di 38.

I valori di CXCL9 urinari a 6 mesi erano in grado di predire la perdita del GFR >30% nei 6-24 mesi successivi.



Figura 32 di 38.



Figura 33 di 38.



Figura 34 di 38.

La standardizzazione e un passaggio cruciale per la implementazione clinica di ogni biomarker. Per questo il consorzio CTOT ha recentemente standardizzato le metodiche per ELISPOT, la misurazione di anticorpi anti-HLA ed espressione genica nelle urine.



Figura 35 di 38.



Figura 36 di 38.

Un elemento fondamentale per limplementazione clinica di ogni biomarker nel trapianto  e la dimostrazione che il loro impiego per modulare la terapia immunosoppressiva migliora gli outcome dei pazienti rispetto alla terapia immunosoppressiva convenzionale.



Figura 37 di 38.



Figura 38 di 38.



Parole chiave: trapianto renale

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