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L’ANTICOAGULAZIONE CON CITRATO: ESPERIENZE A CONFRONTO


Metabolismo e cinetica del citrato

release pubblicata il  25 novembre 2013 
da Paola Inguaggiato

Figura 1 di 42.

METABOLISMO E CINETICA DEL CITRATO – Dr. Paola INGUAGGIATO



Figura 2 di 42.

Il citrato è una molecola endogena, normalmente presente nel nostro organismo, che prende parte al ciclo di Krebs (o ciclo dell’acido citrico, o ciclo degli acidi tricarbossilici). Una delle sue funzioni principali è il trasporto dell’acetil coenzima A dal mitocondrio al citosol.



Figura 3 di 42.

Come molecola coinvolta nel ciclo di Krebs, il citrato partecipa alla respirazione cellulare aerobica, processo che inizia con la glicolisi e termina con la catena di trasporto degli elettroni.



Figura 4 di 42.

Il metabolismo del citrato è prevalentemente epatico, ma avviene anche, in misura minore, a livello renale e muscolare.



Figura 5 di 42.

Nell’organismo normale si osserva un equilibrio tra la quantità di citrato prodotta, metabolizzata ed eliminata con le urine.



Figura 6 di 42.

Quando somministriamo un carico di citrato, sotto forma di citrato trisodico (una molecola di citrato + 3 ioni sodio) esso va a legarsi al calcio (due molecole di citrato si uniscono a 3 ioni calcio) dissociandosi dal sodio.

I complessi calcio-citrato vengono quindi metabolizzati liberando bicarbonato (6 molecole di bicarbonato ogni 2 molecole di calcio-citrato) e calcio (3 ioni calcio ogni 2 molecole calcio-citrato).

L’emivita plasmatica del citrato infuso è di 5 minuti.

La citratemia normale nel paziente sano è compresa tra 0 e 0.190 mmol/L.



Figura 7 di 42.

Il peso molecolare dei complessi calcio-citrato è 229 Da, superiore a quello dell’urea , che è di 60 Da. Il coefficiente di sieving dialitico dei complessi calcio–citrato è quindi inferiore a quello dell’urea.



Figura 8 di 42.

Il principale motivo per cui il citrato è utilizzato come farmaco è la sua capacità anticoagulante.

Esso inibisce la coagulazione chelando il calcio, che è un cofattore essenziale di questa cascata enzimatica, a più livelli.



Figura 9 di 42.

Quando il sangue del paziente entra nel circuito extracorporeo, il livello di calcio ionizzato è teoricamente nei limiti di norma. Successivamente però, in conseguenza dell’infusione di citrato pre-filtro, si formano i complessi calcio-citrato e la calcemia ionizzata si riduce fino a 0.25-0.35 mmol/L. I complessi calcio-citrato in parte vengono rimossi con la dialisi (circa il 50%), e in parte rimangono nel circuito e quindi vanno al paziente. Per evitare pericolose ipocalcemie, prima del rientro al paziente al sangue viene aggiunto una soluzione di calcio che ne riporta il livello nella norma.



Figura 10 di 42.

In genere quindi l’equilibrio tra citrato somministrato e citrato metabolizzato permette di mantenere una citratemia bassa.



Figura 11 di 42.

Gli elementi determinanti per il mantenimento dell’omeostasi sono: la dose somministrata e la capacità metabolica dell’organismo del paziente.

In letteratura la dose media di citrato utilizzata è 3-4 mmol/L di sangue, e anche nella nostra esperienza la CVVHD con citrato prevede una dose di 4 mmol/L.



Figura 12 di 42.

Nel nostro centro l’anticoagulazione con citrato-calcio si utilizza in CVVHD. Il monitor dedicato è dotato di un software che regola la velocità di infusione di citrato e di calcio in relazione alla concentrazione prescritta e ai flussi sangue e effluente, evitando in tal modo che ci possano essere infusioni incongrue e pericolose e riducendo al massimo l’errore umano. La prescrizione di calcio e citrato avviene inizialmente con dose standard, per poi essere modificata in base ai livelli di calcio ionizzato riscontrati nel sangue del circuito (adeguatezza dell’anticoagulazione) e sistemici. Considerando una dose di citrato di 24 mmol/ora, e ipotizzando una clearance dei complessi calcio-citrato pari al 50%, possiamo desumere che la dose di citrato media che noi infondiamo al paziente trattato è di 12 mmol/ora, che per un soggetto standard di 70 kg equivale a 0.17 mmol/kg/ora.



Figura 13 di 42.

è importante non dimenticare che il paziente sottoposto a CRRT è un paziente critico trattato frequentemente con emoderivati. Gli emoderivati sono conservati grazie al citrato, che quindi viene somministrato al paziente ogni volta che vengono infusi plasma, emazie o sangue intero.



Figura 14 di 42.

Ed è proprio l’esperienza trasfusionale che ci mostra i possibili effetti clinici di un carico di citrato. Infatti il carico di citrato durante una leucoaferesi si associa frequentemente a sintomi quali parestesie, nausea, crampi [1].



Figura 15 di 42.

Quando la capacità epatica e muscolare di metabolizzare il citrato della CVVHD è conservata, una possibile conseguenza negativa è l’alcalosi metabolica, poiché il citrato viene metabolizzato a bicarbonato.

Per ovviare a questo effetto negativo è possibile modificare la prescrizione dialitica, riducendo il flusso sangue (ovvero la dose di citrato infusa) oppure aumentando il flusso dialisato (ovvero la quantità di complessi calcio-citrato rimossi).



Figura 16 di 42.

Nella nostra esperienza la bicarbonatemia sistemica media in corso di CVVHD non si modifica significativamente rispetto ai valori basali.



Figura 17 di 42.

Quando invece la capacità metabolica epatica e/o muscolare si riduce, un carico di citrato può diventare tossico.



Figura 18 di 42.

Una insufficiente degradazione del citrato a bicarbonato può determinare un accumulo di citrato e quindi una acidosi metabolica con aumento del gap anionico.

L’acidosi metabolica può essere inizialmente corretta con una modifica della prescrizione dialitica.



Figura 19 di 42.

Il citrato si accumula nel sangue come anione. Il normale gap anionico è 8-12 mmol/L; se il citrato si accumula, il gap anionico aumenta.



Figura 20 di 42.

Il gap anionico aumenta anche a livelli bassi di citratemia, ben al di sotto della soglia di tossicità.



Figura 21 di 42.

I fattori che influenzano il carico metabolico del citrato, ovvero la quantità di citrato che il paziente riceve e che quindi deve metabolizzare, sono legati sia al trattamento extracorporeo che al paziente.

I fattori correlati al trattamento extracorporeo sono quelli normalmente associati al concetto di clearance: durata del trattamento, modalità convettiva e/o diffusiva, superficie e permeabilità del filtro, flussi [2].



Figura 22 di 42.

Il coefficiente di sieving dei complessi calcio-citrato è elevato. La loro clearance è pari a circa l’86% della clearance dell’urea con un filtro high flux e a circa il 71% con filtri low flux. Gli studi disponibili sono condotti con filtri da emodialisi cronica, ma possono comunque essere utili per determinare quale rimozione si possa ottenere [3].



Figura 23 di 42.

Uno studio eseguito durante una seduta standard di emodialisi mostra come la citratemia, che aumenta in corso di trattamento, decresce rapidamente dopo il termine della seduta, fino a tornare al valore basale dopo 5 ore, senza accumulo interdialitico [4] (full text).



Figura 24 di 42.

Anche uno studio condotto in pazienti critici sottoposti a CVVHDF dimostra che la clearance di citrato può arrivare al 61%, anche se diminuisce in corso di trattamento per la progressiva riduzione dell’efficienza del filtro [5].



Figura 25 di 42.

In CVVHDF sia la rimozione del citrato che quella degli ioni calcio è proporzionale al flusso dell’effluente [6].



Figura 26 di 42.

L’utilizzo di citrato si accompagna a un apporto calorico trascurabile, pari a circa 60 Kcal al giorno, ma aumenta quando la soluzione di citrato utilizzata è l’ACD, che contiene destrosio [7].



Figura 27 di 42.

I fattori che influenzano il carico metabolico del citrato correlati al paziente riguardano ovviamente la eventuale compromissione funzionale degli organi e tessuti in cui il citrato viene metabolizzato: insufficienza epatica, insufficienza renale, e tutte le condizioni che si associano a sofferenza del muscolo scheletrico: alterata microcircolazione sepsi-correlata, shock, cachessia.



Figura 28 di 42.

Il paziente con grave insufficienza epatica è certamente un paziente con alterata capacità coagulativa, in cui l’uso di un qualunque anticoagulante è gravato da un elevato rischio di effetti collaterali. L’anticoagulazione con citrato ha il vantaggio di non essere sistemica, ma può essere complicata da un deficit metabolico con conseguente tossicità. Per questo l’insufficienza epatica in passato era considerata una controindicazione relativa all’uso del citrato [8].



Figura 29 di 42.

E’ stato infatti dimostrato che nel paziente cirrotico sia la citratemia basale che l’emivita del citrato sono aumentate, e la clearance è dimezzata rispetto ai pazienti con normofunzione epatica. Tuttavia, un attento monitoraggio dei parametri (citratemia e rapporto calcio totale/calcio ionizzato) permette di utilizzare il citrato anche in corso di cirrosi [9].



Figura 30 di 42.

In pazienti con insufficienza epatica avanzata la monitorizzazione del rapporto calcio totale/calcio ionizzato è sufficiente per riconoscere tempestivamente la tendenza ad accumulare citrato poiché, come nei soggetti normofunzionali, esso è proporzionale alla citratemia. Livelli elevati di lattato e un basso tempo di protrombina predicono invece un elevato rischio di tossicità da citrato, al contrario della bilirubina e delle transaminasi, spesso utilizzate con questo scopo ma con basso potere predittivo [10] (full text).



Figura 31 di 42.

Il carico di citrato determina un aumento della citratemia più elevato e più prolungato nel paziente cirrotico, ma i valori di citratemia tornano comunque al livello basale dopo 4 ore dalla fine dell’infusione. Lo stesso comportamento è osservabile nelle modifiche di pH, bicarbonatemia e calcemia ionizzata [9].



Figura 32 di 42.

La clearance renale di citrato nel soggetto sano è circa 20 ml/min. Se il filtrato glomerulare si riduce, la clearance del citrato si riduce di conseguenza.

Sembra però che questo deficit non influisca sulla clearance totale del citrato, forse per un meccanismo di compensazione epatica e/o per effetto dell’acidosi uremica.



Figura 33 di 42.

Uno studio condotto su emodializzati cronici, quindi privi di significativa funzionalità renale residua, ha mostrato come la clearance globale del citrato sia sovrapponibile ai pazienti con normale funzionalità renale [11].



Figura 34 di 42.

Se l’ematocrito si riduce la clearance dei complessi calcio-citrato aumenta [4] (full text).



Figura 35 di 42.

Per capire come monitorare il rischio di accumulo di citrato è opportuno rivedere il suo meccanismo di azione: il citrato (accumulato) lega il calcio ionizzato sistemico, e i complessi calcio-citrato così formati vanno ad aumentare la calcemia totale sistemica. Per questo il rapporto calcio totale/calcio ionizzato è il principale parametro utilizzato per valutare la capacità metabolica di degradare il citrato.



Figura 36 di 42.

Il rapporto calcio totale/calcio ionizzato deve essere inferiore a 2.5, ponendo attenzione alle 3 diverse unità di misura utilizzabili nel dosare il calcio.

 



Figura 37 di 42.

Anche valori apparentemente ai limiti della normalità possono associarsi ad un rapporto calcio totale/calcio ionizzato elevato. È quindi importante calcolare con precisione tale rapporto ogni volta che utilizziamo l’anticoagulazione regionale con citrato, in particolare nel paziente critico con insufficienze d’organo.



Figura 38 di 42.

E’ stato dimostrato che il rapporto calcio totale/calcio ionizzato correla con la gravità clinica, espressa sia come test di funzionalità epatica con indo cianina, che come SAPS II.



Figura 39 di 42.

Sembra anche che il rapporto calcio totale/calcio ionizzato correli con l’outcome: se misurato all’inizio della CRRT e dopo 3 giorni di trattamento i pazienti con rapporto calcio totale/calcio ionizzato >2.4 avevano una mortalità prossima al 100% [12] (full text).



Figura 40 di 42.

Come evidenziato dalla nostra esperienza a Cuneo, la CVVHD con anticoagulazione regionale con citrato può essere considerata un trattamento eucalcemizzante: mentre i valori basali di calcio ionizzato dei pazienti crictici trattati possono ovviamente discostarsi dal range di normalità, la calcemia ionizzata media in corso di trattamento è normale, grazie all’infusione di calcio prevista dal protocollo.



Figura 41 di 42.

Per quanto riguarda il rischio di tossicità, nel nostro Centro, in cui eseguiamo fino a 500 CVVHD con citrato all’anno, non sono mai stati osservati casi di significativo accumulo di citrato, come dimostrano le citratemie misurate.



Figura 42 di 42.

Anche nei pazienti con disfunzione epatica di medio grado, espressa come rialzo della bilirubina, le citratemie non hanno mai raggiunto livelli elevati.



Bibliografia

[1] Bolan CD, Wesley RA, Yau YY et al. Randomized placebo-controlled study of oral calcium carbonate administration in plateletpheresis: I. Associations with donor symptoms. Transfusion 2003 Oct;43(10):1403-13

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[11] Bauer E, Derfler K, Joukhadar C et al. Citrate kinetics in patients receiving long-term hemodialysis therapy. American journal of kidney diseases : the official journal of the National Kidney Foundation 2005 Nov;46(5):903-7

[12] Link A, Klingele M, Speer T et al. Total-to-ionized calcium ratio predicts mortality in continuous renal replacement therapy with citrate anticoagulation in critically ill patients. Critical care (London, England) 2012 May 29;16(3):R97 (full text)

Parole chiave: Metabolismo

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